sabato 16 aprile 2016

Domani andrò a votare

Confesso che quando si cominciò a parlare di questo cosiddetto referendum sulle trivelle, complice anche la mia pigrizia non ero granché interessato alla faccenda, tantomeno pensavo che mi sarei recato ai seggi. A farmi cambiare idea sono stati in questi giorni Renzi e Napolitano coi loro reiterati appelli ad astenersi, che hanno fatto scattare in me la curiosità di informarmi bene in merito. In passato ho disertato le urne parecchie volte, anche in occasione di elezioni politiche importanti come le nazionali e qualche amministrativa, e ho disertato proprio quegli appuntamenti in cui da parte dei politici erano più pressanti gli appelli a recarsi alle urne. Questa volta i tromboni reclamizzano l'astensione e io, per dispetto, vado a votare. Lo so, come ragionamento non è che sia eticamente e intellettualmente molto elevato, è anzi piuttosto terra terra, ma d'altra parte ci troviamo di fronte una classe politica che non mi sembra meriti molto di più, quindi ho buon gioco nel rendergli pan per focaccia. Chiarito questo, scendo un po' più nello specifico.
Partiamo da ciò che ha detto Renzi. "Questo referendum riguarda le fonti di approvvigionamento italiane". Falso, o almeno è falso l'enunciato messo giù in questo modo. Il gas e il petrolio ricavato dalle trivelle a rischio chiusura, nel 2015 hanno soddisfatto il totale del fabbisogno italiano rispettivamente nella misura del 3% e 1%. Niente, praticamente. Nessuna apocalittica crisi energetica si aprirebbe in caso di vittoria dei sì (quorum permettendo, ovviamente), né saremmo obbligati a rinunciare all'auto o al condizionatore d'estate. C'è poi lo spettro dei lavoratori a rischio, che il premier agita a ogni comparsata pubblica. Nell'ultima versione riportata da Repubblica, principale house organ del governo, sarebbero ben 11.000. Ovviamente è sufficiente qualche clic su Google (ad esempio qui e qui) per rendersi conto che si tratta di numeri ben poco attinenti alla realtà. In più, da come la buttà giù Renzi sembra che se si dovesse raggiungere il quorum e dovessero vincere i sì, da lunedì i lavoratori sarebbero automaticamente a casa, cosa che ovviamente non è vera perché la prima trivella verrebbe sigillata nel 2018 e l'ultima nel 2034, e non sarebbe certamente difficile ricollocare nel frattempo gli eventuali nuovi disoccupati dal momento che si tratta per la maggior parte di manodopera qualificata.
Queste, ridotte all'osso, sono le principali motivazioni che domani mi spingeranno verso il seggio. Ovviamente da queste parti nessuno si fa grosse illusioni sul raggiungimento del quorum, d'altra parte basta guardare l'andamento statistico dell'istituto referendario negli ultimi lustri per rendersi conto dell'andazzo, ma è anche vero che in passato qualche rara sorpresa c'è stata, e sarà bello vedere le facce di Renzi e Napolitano in caso succeda il miracolo.

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