giovedì 14 gennaio 2016

Un quarto di secolo di unioni (in)civili

La bagarre sulle unioni civili (il famoso/famigerato ddl Cirinnà) la dice lunga su parecchie cose. La prima che salta all'occhio, quella più evidente, è che il nostro paese non è ancora pronto a garantire a ogni suo cittadino eguali diritti. Non è solo colpa del Pd e delle sue ataviche divisioni, è proprio una questione culturale. Sarà che ancora subiamo il retaggio del periodo fascista, che rappresentava la negazione di ogni diritto, sarà che proprio non riusciamo a emanciparci da una certa cultura cattolica e integralista, negatrice anch'essa di diritti uguali per tutti in nome di un'ideologia e di una dottrina tra le più anacronistiche e arretrate del pianeta. Sarà tutto questo insieme, non lo so; fatto sta che di uno straccio di legge sulle unioni civili si parla ormai da 25 anni, che sono cinque lustri, che sono un quarto di secolo. Giusto per dare un'idea, in Danimarca i matrimoni tra persone dello stesso sono legali dai medesimi 25 anni. Là diventavano legge e qua si cominciava appena a parlarne. E dopo un quarto di secolo siamo ancora qui a parlare, a discutere, a cercare mediazioni che possano accontentare tutti. Si cercano mediazioni su un disegno di legge che è gia esso stesso una mediazione (ovviamente al ribasso) rispetto alle più avanzate legislazioni che hanno Francia, Inghilterra, Germania, Spagna, Olanda, Danimarca, Grecia (sì, Grecia, pure da loro siamo riusciti a farci superare) ecc.
E intanto chi vuole sposarsi va all'estero, in un paese qualsiasi che non sia il nostro, ché il nostro non è per tutti, ma solo per alcuni, come del resto è sempre stato.

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