domenica 13 ottobre 2013

Alitalia spiegata da zio Tibia

C'è uno spassosissimo editoriale (mai letto uno di zio Tibia che non fosse men che divertente) di Sallusti sul Giornale di oggi. Si parla di Alitalia, argomento pericoloso e scivoloso sul quale il tapino dovrebbe andarci con una certa cautela, visto quello che il suo padrone combinò nel 2008. Ma la cautela, come è noto, non è certo prerogativa dei giornalisti prezzolati, i quali possono oltretutto contare sulla cortissima memoria che hanno le italiche genti, lettori del Giornale in particolare, e sparare così cazzate grosse come una casa nella certezza che pochi faranno poi le pulci alle suddette cazzate. Ecco quindi che, con una spavalderia degna di miglior causa, il prode editorialista dà fiato alle trombe così: "Pare che adesso ci tocchi pagare anche i debiti di Alitalia."
Bello. Peccati che i suddetti debiti, se proprio vogliamo dire le cose come stanno, li stiamo già pagando da anni, forse da decenni. Quello che si sa con un certo grado di certezza, è che dal 2008, anno in cui fallì la prima trattativa con Airfrance-Klm, la nostra compagnia di bandiera è pesata sullo stato italiano per quasi 4,5 miliardi di euro. Già questo basterebbe per mandare zio Tibia a zappare e per usare la pagina del Giornale su cui è stampato l'articolo come incarto per il pesce. Invece il poverino, in spregio a ogni forma di pudore, prosegue come se niente fosse. "La cassa è vuota, i debiti una montagna. I soci - una cordata di imprenditori che salvarono la compagnia dal fallimento cinque anni fa..."
I soci di cui vaneggia il poveretto non salvarono un bel niente, si misero in spalla la parte sana e redditizia di Alitalia (la famosa "good company", ché un po' di inglese fa sempre cool) e mollarono allo stato, cioè ai contribuenti, cioè a noi, la parte in perdita (l'altrettanto tristemente famosa "bad company"). Ma questo, i lettori del Giornale ovviamente non lo ricordano. Dopo il memorabile incipit, la chiusa del pezzo del poveretto non poteva essere da meno.
"Se ho capito bene, Alitalia non dovrebbe fallire, o finire in mani straniere, perché pagheremmo un prezzo caro sui flussi turistici. Può essere, non sono un tecnico, ma io credo che se uno straniero vuole visitare il Colosseo [...] lo farà a prescindere da che lingua parla chi lo trasporta. Del resto ognuno di noi, se deve viaggiare, cerca la soluzione più comoda al prezzo più conveniente senza fare tante storie."
Verissimo. Ma perché questa cosa Sallusti non l'ha fatta notare 5 anni fa, quando il suo padrone combinò il disastro, di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze, "perché Alitalia deve restare italiana"? Continua pure a farci ridere, zio Tibia.

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