giovedì 25 agosto 2011

Le (non) ragioni di Calderoli

Infatti, i calciatori sono tecnicamente lavoratori subordinati: anche se volessero non pagare le tasse, non possono decidere di non farlo. Le pagano che gli piaccia o no, come qualunque altro dipendente. Nel momento in cui firmano il contratto di lavoro, alcune società concordano con i calciatori una cifra al lordo e altre concordano una cifra al netto. Nel primo caso, il contratto prevede uno stipendio lordo per la cifra concordata, dal quale poi vengono sottratte le tasse: i calciatori che possiedono questi contratti non hanno quindi uno stipendio netto sempre uguale ma, come accade alla gran parte dei lavoratori dipendenti, vedono il loro stipendio salire o scendere secondo l’aumento o la diminuzione delle tasse.

Francesco Costa spiega perché tutta la bufera che si è creata attorno ai giocatori che non vorrebbero pagare il famoso contributo di solidarietà è solo una tempesta in un bicchier d'acqua. La chiusa del suo articolo è da incorniciare:

L’idea di ignorare quanto scritto in un contratto tra un’azienda e un lavoratore, addirittura con la comica ed evidentemente irrealizzabile minaccia di un raddoppio dell’aliquota, è giusto una cosa che può dire Roberto Calderoli il 17 agosto. Poi fate voi.

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