lunedì 10 maggio 2010

Blog, la settimana decisiva



E' da due anni, più o meno, che ci lavorano, e adesso è arrivata, a meno di (piacevoli) sorprese, la settimana decisiva. Quella entro la quale dovrebbe diventare legge dello stato il famigerato ddl intercettazioni (o Alfano, che dir si voglia). Perché ci ha messo tutto questo tempo ad arrivare a destinazione? Perché il carico di norme liberticide che si porta appresso ha fatto storcere il naso, strada facendo, a molti. Penso ad esempio a Giulia Bongiorno, finiana, presidente della Commissione Giustizia della Camera, che ha più volte storto il naso e fatto notare la palese contraddittorietà di alcune di queste norme. Penso a Napolitano, il quale ha già richiamato una volta Alfano per fargli notare che una cosa così lui non la firma. E infine penso all'opposizione, o almeno a quella piccola parte che ancora può fregiarsi di questo appellativo; quella che in tutto questo tempo non si è mai stancata di denunciare, anche attraverso forme di protesta piuttosto originali, la pericolosità di questa legge.

E poi, naturalmente, i magistrati, i giornalisti e tutta la parte di società civile che ha a cuore il problema e che vede in questo bruttissimo disegno di legge un passettino in più verso la fine della democrazia e lo stato di diritto. Come ho già scritto in altri post, a me la cosa non preoccupa più di tanto. Sono infatti convinto, se il testo resterà così com'è, che sia talmente incostituzionale che se anche Napolitano dovesse firmarlo ci penserà poi la Corte Costituzionale a farne carta straccia. Il problema, semmai, è che dài oggi, dài domani, arriverà prima o poi il giorno in cui una porcata di questo genere riusciranno a farla diventare legge.

Non sto ovviamente a spiegare di nuovo cosa contiene tutta la legge. Brevemente, si può dire che si occupa sostanzialmente di "risolvere" tre faccende che a qualcuno lassù stanno molto a cuore: magistratura, stampa e internet. La prima con la "regolamentazione" delle intercettazioni telefoniche, che questo testo rende sostanzialmente impossibili da effettuare, tanti sono i paletti che vengono messi. Hanno cercato di venderci questa cosa come una riforma indispensabile per la tutela della nostra privacy. Balle! Non esiste infatti nessun "grande Orecchio che tiene il Paese sotto controllo", come andava delirando tempo fa il ministro della Giustizia con alcune dichiarazioni che in un ipotetico guinness dei primati della comicità si piazzerebbero molto bene. Esistono solo alcuni soggetti il cui telefono viene messo sotto controllo perché l'autorità giudiziaria ritiene vi siano fondati motivi per farlo; motivi sempre inerenti a problemi di criminalità. Il resto sono balle. Il vero motivo per cui si vuole impedire ai magistrati di intercettare è che la maggior parte delle nefandezze di cui l'opinione pubblica è venuta a conoscenza grazie alle intercettazioni riguardano lorsignori. E questo non è tollerabile.

Ovviamente, per raggiungere lo scopo occorre "agire" anche sulla stampa. E infatti lo stesso ddl si occupa anche di questo con il famoso "bavaglio". Nessun giornalista, infatti, potrà più raccontare niente che riguardi inchieste o procedimenti giudiziari neppure quando questi non sono più coperti da segreto istruttorio. Voi sapete che quando le parti (imputati, avvocati, parti civili, ecc...) vengono messe a conoscenza del materiale giudiziario che le riguarda, automaticamente decade il segreto e la stampa può raccontare l'eventuale inchiesta, come è sempre successo finora. Dopo non sarà più possibile; il nuovo testo, infatti, prevede il segreto assoluto fino alla prima udienza preliminare. Il problema è che da quando parte un'inchiesta (avvisi di garanzia), fino alla prima udienza, spesso passano anni. Pensate ad esempio allo scandalo della clinica Santa Rita a Milano, dove alcuni medici menomavano i pazienti senza nessuna necessità per avere i rimborsi dalla regione; oppure al caso Parmalat. Ecco, con la nuova legge nessuno potrà più sapere niente perché le pene pecuniarie che verranno comminate a giornalisti ed editori sono talmente alte che saranno pochi quelli disposti a rischiare.

E poi, naturalmente, c'è un capitoletto anche per internet e i blog - si sa mai dovesse sfuggire qualcosa -, ma di questo ha già parlato l'avvocato Guido Scorza nel video sopra (qui trovate l'articolo sul suo blog). Bene, a questo punto direi che non manca niente. Aspettiamo che questo obbrobrio diventi legge sperando in qualche modifica dell'ultima ora, ma non ci sono grosse speranze. La nostra (e soprattutto la loro) privacy non può più aspettare.

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