mercoledì 9 dicembre 2009

Questa è la Lega, né più né meno

Pensate a uno che guarda da fuori. Vede la Lega che se la prende con la Chiesa usando come bersaglio il cardinale Tettamanzi e pensa: ma la Lega non era quella che si batteva per la difesa della cristianità? Sì, è quella. O meglio, dovrebbe essere quella. La Lega è quello strano concentrato di idee aberranti e paradossali - è stato già ripetuto molte volte non solo da me - per cui strilla in difesa dei valori cristiani e poi respinge al largo i barconi con bambini e donne incinte; fa della sicurezza delle sue terre la sua bandiera (ronde, delazione tra vicini) e a Roma i suoi ministri danno l'avallo alle peggiori porcate volute dal premier che vanno esattamente in senso opposto (processo breve, intercettazioni, ecc...).

Ora, sia ben chiaro, io, come sapete, non ho nessuna simpatia né per la Lega né, tanto meno, per la Chiesa, e quindi da un certo punto di vista della diatriba in corso potrebbe benissimo non fregarmi niente. Ma la Lega è al governo; molte delle recenti porcate (reato immigrazione clandestina solo per citarne una) portano la sua firma, e quindi mi tocca dire qualcosa. E quel qualcosa è molto semplice e sotto gli occhi di tutti quelli che non hanno il prosciutto davanti agli occhi: alla Lega delle radici cristiane non frega assolutamente niente. La "cristianità" della Lega, infatti, esiste solo in funzione anti-islam e anti tutto ciò che è diversità da quello che essa ritiene debba essere il (suo) canone. Che cosa ha di cristiano un Borghezio con una condanna definitiva per aver dato fuoco ad alcuni pagliericci in cui dormivano alcuni extracomunitari? E un Gentilini condannato a non tenere più comizi per tre anni per istigazione al razzismo? Devo continuare con altri fulgidi esempi che dimostrano l'indole e la cultura cristiana della Lega?

Adesso, l'ultimo attacco è arrivato appunto al cardinal Tettamanzi, reo di essersi macchiato di una colpa gravissima: l'aver fatto osservare che buttare in mezzo alla strada 250 persone in seguito allo sgombero di un campo rom alla periferia di Milano non è proprio il massimo della cristianità. A meno che, come dicevo prima, non si abbia il famoso prosciutto davanti agli occhi.


Croce e cassoela

Perché il cardinale, anzi l’imam Tettamanzi non difende il crocifisso ma i rom?, si interroga dal suo autorevole pulpito il Calderoli. Tiro a indovinare: forse perché lo sgombero di un campo alle porte di Milano ha lasciato all’addiaccio, sotto le stelle fredde di dicembre, decine di bambini che frequentavano regolarmente le scuole cittadine, unica soluzione per inserire sul serio il famigerato «straniero» nella nostra società? Forse perché difendere l’umanità inerme, comunque si chiami e qualunque sia il suo colore, equivale a difendere il crocifisso nella sostanza e non solo nella forma?

A differenza del noto teologo leghista, e del suo collega di partito che durante una discussione pubblica, a Genova, ha difeso le ragioni del catechismo a suon di bestemmie, non sono un esperto del ramo.

Però suppongo che se il titolare della ditta scendesse dal crocifisso per fare due passi in Lombardia, andrebbe più d’accordo con Tettamanzi che con Calderoli. Non foss’altro perché il primo cerca di riempire i simboli di contenuti - per esempio il rispetto, per esempio l’amore - mentre il secondo tratta il cristianesimo come il risotto allo zafferano o la cassoeula: elementi di identità sganciati da qualsiasi significato che non sia un tributo doveroso alla tradizione e in qualche caso alla nostalgia.

Molti poveri cristi italiani pensano che, senza stranieri, ci sarebbero case e mestieri migliori per loro. E molti altri, che poveri cristi non sono, ritengono che l’unico modo di sopravvivere all’invasione consista nell’acquattarsi sopra le proprie radici. Forse merita di essere ascoltato anche chi, come Tettamanzi, quelle radici non si limita a proteggerle, ma cerca di protenderle verso l’alto. Immaginando una Milano che, oltre che nella croce, nella Madonnina e nella cassoeula, si identifica nella capacità di dare un tetto e un’istruzione a tutti i bambini.


Massimo Gramellini - La Stampa 08/12/2009

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