sabato 7 marzo 2009

Crisi economica: e va bene, non ne parliamo più

Bisognerebbe che i due, Tremonti e Berlusconi, si mettessero almeno d'accordo; perché un giorno il primo dice che la situazione del 2009 sarà peggiore di quella del 2008 (che tanto rosea non è mai stata), e il giorno dopo il secondo dice che si tratta delle solite esagerazioni dei giornali.

Che, detto per inciso, non è neanche che abbia tutti i torti. Voglio dire, sapete come sono i giornali, se è cento diventa automaticamente mille, se è mille diventa diecimila e via andare. Il problema è che pure Tremonti pare essere arrivato al punto di non sapere bene come siamo realmente messi. Scriveva l'altro ieri La Stampa:

Il titolare del dicastero di via XX Settembre non ha fornito cifre nè previsioni sugli effetti della recessione: «Guardando oltre tutte le congetture siamo e sappiamo di essere in ’terra incognita»

In tutta risposta è arrivata ieri la precisazione del premier, che dopo aver snocciolato una serie impressionante di numeri e cifre in merito agli aiuti economici messi in campo per cercare di arginare la crisi, in conferenza stampa ha detto:

La crisi "esiste" ma "è vissuta sui media in maniera più drammatica di quella che è", e il calo delle borse "è dovuto a una manciata di azioni". E la Rai "è l'unica tv di Stato che attacca il governo in carica".

Ecco qua. Come è già successo altre volte in passato, la crisi viene dipinta da quei cattivoni dei giornalisti molto più grave di quello che è. Insomma, secondo lui il diavolo non sarebbe così brutto come lo si dipinge. La Rai, poi, accodandosi alla compagnia cantante, avrebbe proprio... come dire... insomma l'avrebbe fatta fuori dal vaso. Avete capito, no?

Può anche darsi che l'abbia fatta fuori dal vaso, anche se la cosa appare perlomeno strana, ma forse ha ragione Giuseppe Giulietti, che ieri su articolo21.info scriveva:

Ancora più inquietante, tuttavia, è l'attacco sferrato da Berlusconi nei confronti della Rai. Il proprietario di Mediaset che già controlla i due terzi del servizio pubblico ci ha fatto sapere che, nei prossimi giorni, intende eliminare anche le ultime diversità sopravvissute e procedere alla costruzione del polo unico Raiset, dal quale saranno espulsi tutti i temi ed i soggetti sociali a lui sgraditi.

Parole che se associate a quanto annunciato da Gasparri appena qualche giorno fa, consentono di farsi un quadro piuttosto preciso sul nuovo corso intrapreso da viale Mazzini. Ma questi sono discorsi che lasciano un po' il tempo che trovano. Quello che forse è più al centro delle preoccupazioni in questo momento è questa benedetta crisi, esageratamente pubblicizzata secondo qualcuno, sottovalutata secondo qualcun altro.

Probabilmente, come in fondo è logico che sia, il risultato migliore si ottiene dai numeri nudi e crudi; poi, partendo da quelli, si può eventualmente fare qualche considerazione. Ora, lasciando stare i dati su base nazionale (riguardo ai quali è sufficiente dare un'occhiata all'andamento della cassa integrazione), ognuno può dare un'occhiata a quello che succede nella sua regione. Io abito in provincia di Rimini e quindi posso guardare per esempio cosa succede in Romagna. Scriveva ieri romagnaoggi.it:

Settori consistenti del sistema produttivo regionale stanno perdendo brandelli con una riduzione della capacità produttiva del 15%". Dato allarmante, diffuso a margine di una conferenza stampa dall'assessore regionale alle attività produttive, Duccio Campagnoli. Le imprese "che usano la cassa integrazione ordinaria" ormai sono mille: e in molti casi sono industrie che erano fiore all'occhiello della nostra economia.

Ecco, i giornali potrebbero anche minimizzare, come auspica il premier, ma cambierebbe qualcosa?

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