giovedì 26 febbraio 2009

Bruno Tinti ci racconta due cose

Da un po' di tempo - probabilmente ve ne sarete accorti - è diventato un mio piccolo pallino, una specie di chiodo fisso, la riforma della giustizia che è all'esame del governo, e in particolare il famigerato ddl sulle intercettazioni, quello che al suo interno contiene provvedimenti come la limitazione di questo strumento investigativo, il carcere per i giornalisti che si occupano di cronaca giudiziaria e altre simpatiche cosette.

Provvedimenti che qualora diventassero legge a tutti gli effetti, farebbero sembrare paesi come la Cina delle virtuose democrazie.

Perché a me interessa particolarmente questo argomento? Perché è una cosa che non riguarda i politici. Se riguardasse solo loro, in fin dei conti potremmo tranquillamente fregarcene. Il problema molto più grave, invece, è che quando si stanno per varare leggi che in particolari circostanze potrebbero garantire l'impunità a un pedofilo che rapisce un bambino all'uscita da scuola, solo per fare un esempio, la cosa evidentemente riguarda anche noi.

Purtroppo, quando ci si imbatte in temi riguardanti leggi e giustizia, ci si scontra sovente con tecnicismi legislativi a volte difficilmente comprensibili, che fanno inevitabilmente venire voglia di lasciar perdere. Ogni tanto però qualcuno viene in nostro aiuto.

Bruno Tinti (foto) è un ex magistrato (da un po' di tempo è anche un blogger) della procura di Torino che è intervenuto recentemente alla trasmissione di Rai Tre Le Storie. Qui, intervistato dal giornalista di Repubblica Corrado Augias, ha spiegato in maniera secondo me esemplare ed estremamente chiara cosa nascondono alcune delle norme contenute nel famigerato ddl attualmente all'esame del parlamento. Norme che pongono inquietanti interrogativi.

Beh, se per caso doveste trovarvi con una mezzoretta libera, dateci un'occhiata, mi pare che ne valga sicuramente la pena. Per adesso la registrazione della puntata la trovate in questa pagina del sito della Rai.

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