giovedì 29 gennaio 2009

Dove sarebbe l'"attacco"?

Come al solito, come è già successo per piazza Navona, la manifestazione di ieri di piazza Farnese verrà ricordata per i presunti insulti e per i presunti attacchi a personalità varie del mondo istituzionale. E con questo pretesto si eviterà accuratamente di scendere nei particolari circa i veri motivi per cui è stata indetta tale manifestazione.

I titoli pubblicati ieri pomeriggio dalle maggiori testate online erano più o meno tutti equivalenti, ed incentrati sul terribile "attacco" lanciato da Di Pietro a Napolitano. Eccone alcuni: "Di Pietro attacca Napolitano" (Stampa, Unità e Corriere), "Scontro tra Di Pietro e il Quirinale" (Repubblica), "Di Pietro contro Napolitano" (Sole24Ore), "Giustizia, Di Pietro attacca Napolitano" (il Giornale) e via di questo passo.

Mamma mia, chissà cos'avrà mai detto quello squinternato per suscitare cotanto vespaio. Bene: andiamo a leggere.

"Lei dovrebbe essere l'arbitro, a volte il suo giudizio ci appare poco da arbitro e poco da terzi. Noi la rispettiamo - ha aggiunto il leader Idv - ma lo possiamo dire o no, rispettosamente, che non siamo d'accordo che si lasci passare il lodo Alfano, che non siamo d'accordo nel vedere i terroristi che fanno i sapientoni mentre le vittime vengono dimenticate?". "Il silenzio è mafioso, e per questo non voglio rimanere in silenzio", ha detto ancora Di Pietro, che poi si è di nuovo rivolto a Napolitano: "Dica che i mercanti devono andare fuori dal tempio, dal Parlamento e noi lo approveremo". (fonte)

Ecco qua. Quello che in un paese magari un pelino più democratico del nostro sarebbe passato come il sacrosanto diritto di criticare l'operato di un capo di stato (cosa che non mi risulta sia proibita dalla legge), da noi viene trasformato ad arte dai media in un offensivo, irrispettoso e terribile attacco al Presidente della Repubblica. Un attacco destabilizzante che suscita le ire e le reazioni della politica tutta, destra e sinistra in maniera congiunta (forse perché entrambe comodamente adagiate e conniventi con quello per cui si protesta?).

Eppure non mi sembra così difficile. Se uno di voi, amici lettori, scrive ad esempio in un commento del mio blog che non condivide una cosa che ho scritto o una mia presa di posizione, posso intendere questo come un attacco o una offesa nei miei confronti? Mi pare di no. Semplicemente si tratta di un'opinione diversa dalla mia. Punto. Di Pietro ha fatto esattamente la stessa cosa con Napolitano.

Ma il tutto sarebbe stato troppo semplice. Volete mettere, invece, sollevare di proposito un bel polverone sul quale calamitare l'attenzione dell'opinione pubblica in modo ad esempio da evitare di menzionare il fatto che la manifestazione è stata indetta dall'Associazione Vittime della Mafia? Decisamente troppo "scomodo" e sconveniente. Una manifestazione pro Apicella e a sostegno di quel ramo della magistratura che ancora fa il suo dovere libera dai condizionamenti della politica e del malaffare è troppo anche per l'Unità e per Veltroni.

E così tutti allineati e coperti; nessuno parla dei temi che sono stati trattati durante i vari interventi in piazza e tutti focalizzano l'attenzione su una frase che di offensivo non ha assolutamente niente, col risultato che Di Pietro viene messo in croce come se il lodo Alfano - attualmente, va ricordato, al vaglio della Consulta - l'avesse firmato lui, mentre il capo dello stato, firmatario della legge voluta dal presidente del consiglio che di fatto manda a farsi friggere l'art. 3 della nostra carta Costituzionale, riceve la solidarietà bipartisan di destra e sinistra.

Volenti o nolenti è così che funziona, c'è poco da fare.


2 commenti:

Romina ha detto...

In Italia, la classe politica è dedita a mantenere intatti i propri privilegi d'apparato, e non ha alcuna intenzione d'occuparsi dei problemi dei cittadini, a parte le pochissime eccezioni che confermano la regola. Pertanto l'assurda pretesa che non si possa criticare, con argomenti razionali, l'operato del Presidente della Repubblica, certamente manchevole sotto alcuni aspetti, fa parte della strategia volta a mantenere lo status quo.
Viene da sorridere, perché solo in Italia il Presidente della Repubblica è presentato dai partiti come una divinità trascendente e intoccabile, le cui parole, se mai esistono, devono essere accolte come dogmi incontestabili.

L'Italia non è una democrazia compiuta, e d'altra parte molti italiani non conoscono neppure il significato della parola "democrazia", che implica anche partecipazione e interesse attivo per quanto accade, impegno nel fare e nell'informarsi.
In questo clima, è ovvio che i media abbiano buon gioco a demonizzare Di Pietro e le sue parole.

Saluti

Andrea Sacchini ha detto...

> L'Italia non è una democrazia compiuta

E purtroppo non lo sarà mai. Per il semplice fatto che mancano gli ingredienti principali: l'interesse, la partecipazione e l'informazione. Un popolo in grandissima parte teledipendente, abituato a priori a prendere acriticamente per buono tutto quello che gli viene detto che è giusto e buono, non ha speranze.

Ciao.

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