martedì 9 dicembre 2008

Salerno, Catanzaro e la "guerra" tra procure

Chi è abituato a sfogliare i giornali leggendo in maniera veloce i titoli e tralasciando il contenuto degli articoli, non può che essersi fatto l'idea che tra Salerno e Catanzaro sia in corso una guerra e che le due procure siano sostanzialmente sullo stesso piano. Stessa impressione che probabilmente riceve chi, guardando i telegiornali, si limita genericamente ad ascoltare il sommario iniziale, sempre accompagnato da un accattivante sottofondo musicale, per poi cambiare canale. Nel secondo caso (i telegiornali) non è che faccia poi tutta questa differenza, visto che spesso e volentieri l'informazione televisiva si può definire in qualunque modo tranne che... informazione. Nella carta stampata il discorso, anche se in verità non più di tanto, è diverso in quanto qualche testata che racconta le cose come stanno c'è ancora.

L'idea che sia in atto una sorta di resa di conti all'ultimo sangue tra procure, con cui ci stanno letteralmente martellando in questo ultimo periodo, è un po' l'asso di briscola di chi ha tutto l'interesse ad inculcare l'idea che la magistratura sia allo sbando, sia malata, non sia più libera e il suo operato sia dettato da oscure trame e lotte intestine piuttosto che dalla serietà procedurale e dal lucido raziocinio. Si può immaginare un terreno più fertile di questo su cui piantare e far crescere la consapevolezza che non è più procrastinabile una grande e rivoluzionaria riforma del sistema giudiziario? Certo che no! E infatti, proprio in concomitanza con gli avvenimenti di Salerno e Catanzaro, ha fatto nuovamente capolino da più parti l'innovativa proposta. Chi invece, oltre ai titoli, si è soffermato un po' più a lungo a leggere gli articoli, un'idea di come le cose stanno realmente non può non essersela fatta. Certo, davanti a vicende intricate come questa, un'idea nitida e precisa è difficile farsela, ma la direzione si intuisce. Breve riassunto della vicenda.

Luigi De Magistris, un po' il personaggio-chiave attorno cui si snoda la storia, è un pm che quando lavorarava presso la procura di Catanzaro indagava sulla presunta sparizione di milioni di euro di fondi pubblici europei, dirottati in Calabria ufficialmente per la realizzazione di opere pubbliche. Tre, principalmente, furono le inchieste che De Magistris mise in piedi: Why Not, Poseidon e Toghe Lucane, inchieste che indagavano su presunti intrecci e collusioni tra politica, mafia e massoneria con contorno di truffa, corruzione e associazione a delinquere. Inchieste, come potete ben capire, piuttosto scomode. Poco più di un anno fa, l'allora ministro della giustizia del governo Prodi, Clemente Mastella, avocò l'inchiesta Why Not a De Magistris, ufficialmente per "incompatibilità ambientale" (a cui si erano aggiunte altre accuse in riferimento a presunte interviste inopportune e fuga di notizie). Da notare che tra le persone coinvolte nell'inchiesta che fu tolta al magistrato figuravano lo stesso Mastella e l'allora presidente del consiglio Romano Prodi, per i quali, comunque, a marzo di quest'anno è stata chiesta l'archiviazione.

La reazione dell'opinione pubblica all'epoca fu notevole, così come il moto di indignazione che ne seguì, tanto che fu costretto a intervenire per calmare un po' le acque anche Napolitano. La motivazione dell'incompatibilità agli occhi dell'opinione pubblica non reggeva, e l'impressione generale era che De Magistris nelle sue indagini fosse stato volutamente fermato perché arrivato in alto. Troppo in alto. In ogni caso l'inchiesta Why Not gli venne tolta e il magistrato fu trasferito al tribunale del riesame di Napoli. La "rivincita", se così possiamo chiamarla, arrivò a giugno di quest'anno, quando la procura di Salerno, alla quale il magistrato aveva fatto ricorso, riabilitò il magistrato sollevandolo da tutte le accuse e confermando la totale correttezza del suo operato. Scriveva all'epoca antimafiaduemila.com:

La richiesta di archiviazione firmata ieri dal procuratore di Salerno Luigi Apicella e dal sostituto Gabriella Nuzzi è di quelle destinate a far discutere. Perché contrariamente a quanto denunciato da ambienti dell'imprenditoria, della politica e della magistratura – Csm in primis– i giudici competenti sui magistrati del distretto di Catanzaro hanno stabilito non solo l'infondatezza delle denunce e degli esposti presentati nei mesi scorsi contro De Magistris ma, al contrario, “una pressante attività di interferenza da parte dei vertici della procura di Catanzaro, resasi sempre più manifesta con il progressivo intensificarsi delle investigazioni da parte del pm”. E volta a “screditarne la credibilità personale e professionale”.

Avendo De Magistris denunciato alla procura di Salerno il presunto complotto ai suoi danni, includendo nella sua denuncia elementi appartenenti all'altra procura, le indagini furono estese alla procura concorrente, quella appunto di Catanzaro, e le conseguenze di tutto è la "guerra" di cui ci raccontano in questi giorni i giornali. Va a questo punto ricordato, senza entrare in eccessivi tecnismi giudiziario/territoriali, che la procura di Salerno in questo caso è competente ad indagare su quella di Catanzaroi (per obbligo di legge), mentre quella di Catanzaro lo fa nei confronti di quella di Salerno - stando a quanto dice lo stesso De Magistris - in maniera illegittima in quanto, come scrive anche Marco Travaglio sul suo blog, la competenza territoriale d'indagine su di essa spetta alla procura di Napoli.

Le considerazioni che si potrebbero fare su questa vicenda sono molte; mi limito a una. I procedimenti giudiziari a carico di persone comuni procedono lentamente, è vero (la giustizia italiana è tristemente nota per questo), ma procedono. Quando le indagini riguardano invece uomini di spicco appartenenti alla politica, o ad altri settori della vita pubblica, alla già leggendaria lentezza di cui parlavo prima si aggiungono spesso i bastoni tra le ruote. Tutto questo in ossequio a una altrettanto leggendaria refrattarietà dei nostri politici ad andare a finire sotto la lente di ingrandimento di qualche autorità inquirente. Una intoccabilità che nel nostro paese è stata elevata al rango di diritto acquisito e della quale non si ha traccia in quasi nessun altro dei paesi che è prassi comune definire civili.

I casi e gli esempi non mancano. A cominciare, solo per citarne un paio, dalla vicenda di Clementina Forleo, il magistrato milanese (ovviamente accusato di incompatibilità: prima rinviata a giudizio davanti al CSM e poi completamente prosciolta) che indagava sui cosiddetti "furbetti del quartierino" e sul caso Unipol. Fino ad arrivare alla tentata ricusazione da parte di Berlusconi del giudice Nicoletta Gandus, titolare del processo Mills, che vede l'attuale premier sotto processo per corruzione in atti giudiziari. Ricusazione totalmente priva di fondamento.

Non so; alla luce di tutto questo io penso che se fossi un magistrato eviterei accuratamente di occuparmi di inchieste riguardanti intrecci tra politica e malaffare: avrei sicuramente meno grane.

2 commenti:

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Andrea Sacchini ha detto...

Rguru,

cerchiamo di evitare lo spam e i commenti totalmente fuori tema.

Grazie.

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