sabato 20 ottobre 2007

Rutelli è pronto a chiudere il portale di Gioacchino Fellini

Ovviamente Gioacchino Fellini è in realtà Federico, il noto regista nato in quel di Rimini e non a Pesaro. E il portale è invece l'ormai arcinoto webmostro italia.it, quello che nelle intenzioni iniziali doveva rappresentare il portale dell'italia nel mondo, quello che avrebbe dovuto imprimere una spinta propulsiva senza eguali al turismo di casa nostra.

Ho parlato spesso nel mio blog di italia.it, un portale costato 45 milioni di euro pubblici (alle cui richieste di chiarimenti sono sempre arrivate risposte molto esaurienti), e che si è rivelato un'opera (opera?) inutile, con poche visite e grossolani e macroscopici errori di contenuti (tipo l'Abruzzo senza coste, il Monte Rosa in Lombardia, il Trentino senza Dolomiti e altre "leggerezze" tipo quelle evidenziate a inizio articolo).

Ieri il ministro Rutelli (foto) ha annunciato - preso atto che il rapporto costi/benefici non pende decisamente a favore dei secondi - di essere pronto a chiuderlo, come si chiude uno stabilimento non più produttivo o come si abbatte un ecomostro quando ci si accorge (sempre dopo) che è stato costruito violando qualche vincolo ambientale.

Intanto i 90 miliardi di soldi pubblici del vecchio conio sono stati spesi. Sarebbe auspicabile che qualcuno di autorevole (che so, qualche procura, la Corte dei Conti) si interessasse seriamente a come sono stati effettivamente spesi questi nostri soldi, ma esperienza insegna che resterà probabilmente solo un auspicio.

1 commento:

schrodcat ha detto...

Non ho mai commentato su questa storia. Probabilmente perché nel suo "piccolo" è così grossa da lasciare senza parole, di una enormità fuori da ogni logica.

Visto che si parla di un sito web e quindi in qualche modo di tecnologia, il primo paragone che mi viene da fare è con la ricerca, e con cosa si sarebbe potuto fare con quei soldi. Una volta fatti questi raffronti, vengono i brividi nel pensare che tutti quei soldi siano per un portale internet.

Qualche esempio. Con quella cifra ci si finanziano per cinque anni venti gruppi di ricerca composti ciascuno di quattro o cinque ricercatori, inclusi stipendi, computer, strumentazione di laboratorio, viaggi all'estero ed organizzazioni di conferenze. L'ultimo degli stipendiati lo trovi che è un genio a smanettare col computer e in un paio di settimane ti fa un sito fatto meglio, senza chiedere gli straordinari (nel mondo della ricerca è pieno di giovani che fanno così, che sono bravi coi computer, che tengono in piedi tutto il sistema informatico del gruppo senza dover ricorrere ad amministratori di sistema esterni).

O sennò, anche, si potevano investire per pagare la carriere vita natural durante ad una trentina o quarantina di professori e ricercatori, italiani e non, di elevato valore internazionale offrendo retribuzioni di molto superiori a quelle italiane, e quindi competitive col mercato internazionale della ricerca (la quale è molto meglio pagata fuori dall'Italia).

Oppure acquistare un paio di macchinari all'avanguardia, di quelli che servono intere università, che pochi dipartimenti possono permettersi e che di norma dissanguano le casse universitarie per lunghi periodi.

Adesso mi immagino il giovamento alla nostra ricerca di queste "banali" azioni e lo confronto con l'arduo compito di ... gestire un sito web. E mi chiedo se questo è un paese civile. Ma che civile, se ha senso. Se è un paese normale dove governa gente normale oppure persone che i neuroni se li sono bruciati davanti al camino. È un qualcosa di inconcepibile per me questa cosa. Mi sconvolge quando penso a questi paragoni. Un sito internet a confronto con tutti i potentizali successi che quelle ipotetiche ricerche avvrebbero potuto portare. L'architettura di un sito web messa a confronto con tante potenzialità di ricerca e innovazione.

Follia pura.

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