venerdì 20 luglio 2007

Scaloni e scalini

Leggo sul sito del Sole 24 ore qualche dato sui termini dell'accordo, in tema di pensioni, che ha fatto fare le ore piccole e gli straordinari ai vari ministri e sindacalisti impegnati nella trattativa.

Non mi intendo particolarmente di economia e pensioni, ma un pò sono comunque costretto a seguire la vicenda perché anche io lavoro (anche se può sembrare strano) e può darsi che un giorno anche io entri a far parte dell'allegra brigata dei pensionati. Ovviamente tutto ciò che è stato deciso oggi non mi riguarda direttamente data la mia relativamente giovane età, però, bene o male, prima o poi una di queste benedette finestre si aprirà anche per me.

Dunque, lo scalone, il famoso "salto" che innalzava l'età minima pensionabile da 57 a 60 anni messo in campo dalla precedente riforma Maroni, è stato abolito in favore di un passaggio più graduale chiamato "scalino". Questi giochetti di parole, che i nostri politici da tempo adottano per dare un'aria più allegorica e giocherellona ai vari temi di cui discutono (e che spesso sono delle vere e proprie panzane mascherate, vedi il famoso "tesoretto"), lasciano più o meno il tempo che trovano e sembrano appunto messi lì appositamente per tentare di indorare un pò la pillola.

Eh, dico, volete mettere quanto è più facile salire uno scalino invece che uno scalone? Il problema è che la sostanza più o meno è la stessa. Faccio una botta di conti. Dunque io ho attualmente 37 anni e più o meno (non so di preciso, dovrei andare a controllare) una ventina d'anni di contributi (calcolo per eccesso, dovrebbero essere qualcosa di meno, arrotondo per comodità). Alla luce dell'accordo sottoscritto oggi rientro quindi nella categoria di quelli che andranno in pensione (mamma mia, che effetto strano mi fa pensare alla pensione) dopo il 2013, e quindi a quota 98 (somma tra età anagrafica e contributiva) con almeno 62 anni di età.

Ovviamente la cosa è puramente indicativa, in quanto da qui ad allora è probabile che i termini dell'accordo vengano modificati in funzione di altri parametri (andamento generale dell'economia, deficit, conti pubblici, risorse disponibili, ecc..). Se poi teniamo conto che 62 anni, se non vado errando, li compirò nel 2032, capite quanto sia azzardato fare qualsiasi tipo di pronostico o previsione. C'è pure la possibilità che da qui ad allora venga varata una legge o un provvedimento chiamato "lavora finché campi", che prevede l'innalzamento dell'età minima pensionabile fino al giorno in cui si va al creatore (ipotesi tutt'altro che azzardata, visto lo stato dei bilanci dell'Inps).

In tutto questo bailamme di dati fumosi, cifre contraddittorie, previsioni poco confortanti, dobbiamo registrare l'affermazione di giubilo di Angeletti, segretario della Uil, riportata da Repubblica:

"Con la revisione dei coefficienti i giovani non avranno una pensione che avrebbe rasentato il 40% dell'ultimo stipendio. Ora i giovani potranno avere una pensione pari a circa il 60% dell'ultimo stipendio".

Che bello! Un operaio medio oggi guadagna sui 1200 euro al mese; visto che fra una ventina d'anni alla luce dell'andamento dell'inflazione questo salario sarà sostanzialmente uguale (o nella migliore delle ipotesi un pochino più alto), andrà in pensione nel 2027 con 7/800 euro al mese.

Scalone? Scalino? O fumo negli occhi?

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